21/05/2014
"Noi non lo faremo": lo hanno detto alla loro città e lo ripeteranno al Parlamento il 29 e il 30 maggio. I ragazzi e le ragazze dell'Istituto Tecnico Tecnologico Blaise Pascal di Cesena (di cui vi abbiamo già parlato) presenteranno il loro progetto nell'ambito di "Lezioni di Costituzione". Ma prima ancora che dall'articolo 3 della Carta (quello sull'uguaglianza di tutti i cittadini), gli studenti romagnoli sono partiti da una semplice constatazione: "Su 850 studenti, la nostra scuola ha solo 23 allieve. Perché? L'ITT è un istituto maschile per caso?" I ragazzi hanno ripensato alle ore di orientamento di terza media, durante le quali "alle nostre compagne nessuno chiedeva mai se si sarebbero iscritte all'ITT, come del resto a noi maschi nessuno chiedeva mai se avremmo voluto frequentare il liceo psicopedagogico."
I soliti luoghi comuni su uomini, donne e tecnologia. Come mai i ragazzi di Cesena hanno cominciato a metterli in discussione? A fare da catalizzatore, scopriamo, ha contribuito un po' anche NoiNo.org. Ce lo ha raccontato Francesco Postiglione, 39 anni, arrivato un paio d'anni fa da Napoli per fare il dirigente scolastico (una volta si diceva "preside") dell'ITI.
- Come era la situazione nella scuola, da questo punto di vista?
- In un certo senso rispondeva a certi altri stereotipi
Tanti bravi studenti, molti nerd e geek (i fanatici dell'informatica, NdR) più interessati a smanettare sul PC che a richiedere assemblee d'istituto: tanto che ne avevano saltate un paio di quelle a cui avevano diritto. Se penso a quando ero ragazzo io
- Allora come nasce "Noi non lo faremo"? E come mai la tua scuola ha aderito a NoiNo.org?
- Quando ho "scoperto" la campagna on line, ho subito pensato che fosse una buona occasione per affrontare il tema in un istituto maschile come il nostro. Ne ho parlato in un consiglio d'istituto e i rappresentanti degli studenti (3 su 4 erano maschi) sono rimasti colpiti. Hanno portato l'idea nelle classi e, nell'ottobre 2013, l'ITT ha ufficialmente aderito alla community on line. E abbiamo dato inizio al progetto, che poi ha visto una partecipazione altissima degli studenti. E ha ricevuto una grande attenzione da tutta la città, dai media locali, dall'amministrazione comunale.
- Da cosa nasce questa attenzione, nella vostra scuola e in città, per il fenomeno della violenza contro le donne?
- Nel nostro istituto ci sono docenti molto sensibili, come la professoressa Ros, che avevano già affrontato questi temi in passato con gli studenti. Io personalmente sono stato per anni attivista di Amnesty International, e ho sempre pensato che il fenomeno fosse prima di tutto un problema "nostro", degli uomini. In più, purtroppo a Cesena nel 2012 due donne sono state uccise a distanza di pochi mesi, dall'uomo che avevano lasciato. Due casi che hanno ovviamente scosso la città: uno di questi purtroppo ci ha toccati molto da vicino.
- Una delle vittime era la madre di una vostra studentessa. Come è entrata la sua storia nel vostro progetto?
- Diletta, così si chiama la ragazza, ha accettato di raccontarsi ai suoi ex compagni di classe in una video intervista. Un atto di fiducia molto forte nei confronti dei suoi compagni, che infatti hanno intitolato il video "Il dono di Diletta". Voglio sottolineare che il video non è incentrato sulla storia terribile del delitto, che purtroppo è emblematica ed è stata raccontata anche dall'inchiesta di Riccardo Iacona "Se questi sono gli uomini". I ragazzi hanno scelto con delicatezza e sensibilità di dare voce ai sentimenti e al punto di vista di Diletta.
- Per ora Diletta e la sua famiglia preferiscono non mettere in rete il video. Ma chi lo ha visto rimane molto colpito. Da una parte dalla pacatezza con cui Diletta racconta le sue emozioni, il desiderio di rivivere i ricordi più belli, la mancanza di espressioni di rabbia. Dall'altra, la mancanza di fiducia nel ruolo delle associazioni, delle istituzioni, nei progetti di prevenzione
- Purtroppo è comprensibile. Rimane però l'importanza della scelta di non chiudersi nel proprio dolore. E soprattutto la fiducia nei confronti dei suoi compagni, nella loro possibilità di ascoltare, capire, raccontare
I progetti come "Noi non lo faremo" ovviamente non possono fermare la mano degli assassini. Ma danno ai ragazzi e alle ragazze l'occasione per mettere in discussione la mentalità in cui tutti siamo immersi, i pregiudizi diffusi e accettati, la concezione delle relazioni che è il terreno di coltura della violenza quotidiana.
- I ragazzi dicono "Noi non lo faremo", al futuro. Forse pensando ai casi estremi, alla violenza nelle relazioni di coppie mature, molto lontane da loro. Ma non credi che il fenomeno riguardi anche il loro presente?
- Ora c'è più attenzione alla violenza in rete, al cyberstalking, mi pare. Ma molto spesso la violenza verbale o tanti comportamenti quotidiani, come il controllo nelle relazioni anche tra giovanissimi, passano più inosservati, i ragazzi stentano a riconoscerli come forma di violenza. In questo, nella mia esperienza non c'è differenza tra nord e sud Italia.
- Come si cambia o si contrasta una mentalità?
- Bisogna fornire occasioni e strumenti per mettere in discussione le cose che si danno per scontate. In questo i giovani sono bravissimi, basta dare loro degli spunti. Nella nostra scuola alcuni gruppi hanno lavorato sugli stereotipi su donne e scienza, che ci riguarda da vicino: guardate la presentazione "chi ha paura della matematica" ad esempio.
- È più difficile per i ragazzi maschi mettere in discussione sé stessi?
- Alcuni ragazzi hanno lavorato sul sessismo nel linguaggio (partire dai dizionari), su come i media raccontano le donne o la violenza contro di loro. E hanno messo questi concetti proprio in rapporto con la loro esperienza personale, in modo anche brillante. Un altro esempio: i luoghi comuni contro le donne sono raccontati nella presentazione "Duri a morire"
con molta ironia, visto che è il titolo della serie di film "da maschi" con Bruce Willis! La sintesi di tutto questo lavoro di consapevolezza è la carta degli intenti: che poi è diventata uno stendardo alto forse quattro metri!
- Come è stata la risposta degli studenti?
- Davvero buona: molti progetti sono nati e sono stati prodotti spontaneamente. Pensiamo alla canzone, all'idea di indossare tutti le t-shirt rosa e di coinvolgere la città. Ma in generale hanno lavorato tantissimo, con le ricerche, le presentazioni in powerpoint, le interviste in giro per la città, i video, gli allestimenti, la raccolta fondi per la casa rifugio della città
E la giornata dell'8 marzo, che era pure un sabato, la scuola era piena di studenti.
Noi rinnoviamo i complimenti agli studenti e alle studentesse del Pascal di Cesena, ci auguriamo che abbia fatto piacere ricevere le pin di NoiNo.org. E ci auguriamo che anche in Parlamento apprezzino e diano la giusta attenzione al loro lavoro. Siamo ansiosi di vedere se l'anno prossimo, la percentuale di nuove iscritte all'ITT sarà più alta!