Come sopravvivere alle scuole medie.

di Lorenzo Gasparrini

Come sopravvivere alle scuole medie.

Ci sono periodi della vita particolarmente terrificanti, che resistono sia nel ricordo che nella nuova esperienza che ne fai quando ci passa tuo figlio. L'età  dei primi confronti col mondo, l'età  dei problemi di nome (bambini, ragazzi, adolescenti, preadolescenti?) la durezza delle esperienze che contrasta col la lentezza della crescita. Su tutto, le prime paure "sociali": sono accettabile per gli altri? Perché no? Ti viene in mente un periodo particolare perché è sancito da un inizio e da una fine, da un ciclo scolastico preciso, breve, intensissimo: le scuole medie.

Brufolazzi, 
tapparella giù e poltiglia 
più ascella purificata: 
ti ricordi che meraviglia a
la festa delle medie?

Quel passato di tentativi e frustrazioni, di spensieratezza e incubi, è per me ancora tangibile in tanti atteggiamenti e pregiudizi che mi sono rimasti dentro. Però per mio figlio è il presente, e può fargli molto male. Io non ho il diritto di svalutare con la lente della mia età  la purezza e la durezza dei suoi sentimenti. Questa è anche, me lo ricordo bene e lo vedo bene, l'età dei silenzi, l'età  del "va tutto bene" che non rassicura per niente me che lo sento dire.

"Tu non vieni". 
Non importa, sai, ci avevo judo. 
Ma se serve vi porto i dischi 
così potrete ballare i lenti, 
"Porta pure ma non entri".

Noi e loro, io e loro... quanta fatica per identificarsi e farsi accettare in qualche modo da un gruppo. A questo servono gli stereotipi e i ruoli: funzionano e sono d'aiuto. In questa età  ti costruisci la maschera con la quale ti presenti, sperando che non sia troppo in contrasto con quella che gli altri usano per identificarti, classificarti, inquadrarti in modo che tu sia comprensibile. Adesso, da padre, mi viene in mente che potrei essere più d'aiuto di quello che invece, all'epoca, furono i miei genitori per me; ma ricordo anche che non avrei mai tollerato una loro ingerenza in quel mondo di relazioni che finalmente diventava il mio.
 
Ma perché siete così? 
Io che credevo, io che speravo. 
Parteciperò, mi autoinviterò,
dannata festa delle medie.

La differenza e l'importanza del mondo privato e di quello pubblico si scoprono ora, quando tutto è una fatica, è un'ansia, è una crudeltà  che pure si vuole vivere senza sconti. Nel gioco delle relazioni da costruire si punta con leggerezza tutto quanto, e un sì o un no fanno la differenza tra la felicità  e la disperazione, tra una giornata meravigliosa e una passata nell'umore più cupo. Per la costernazione e l'incredulità  di un genitore che non capisce.

Mi presento: burp, haha, ciao ragazzi. 
Faccio un vento e gli cambio il clima, 
temporeggio bevendo spuma, 
chiedo fonzi e mi danno avanzi. 
Cristo, perché? 

Piacere e piacersi cominciano a litigare tra loro, e gli schemi di virilità  e femminilità  posso essere distruttivi come esaltanti. Si ricopiano, si scimmiottano, si idolatrano modelli che sembrano positivi, vincenti, "giusti", e tramite essi si stabiliscono rapporti con chi ha la stessa paura di svelarsi e lo stesso desiderio di aprirsi a sentimenti e sensazioni che, per la prima volta, sembrano vicine, possibili, reali. Serve però un trucco, uno strumento, un mezzo per capitare in quella situazione che ancora non si ha la forza di sostenere e desiderare autonomamente, come invece accadrà  tra qualche anno. Allora funziona il gioco, l'attività  inutile e insensata, il semplice ritrovarsi a non fare niente (spesso con la scusa di studiare insieme) per far capitare quella cosa che desideriamo.
E tutto questo, molto spesso, non passa con quell'età.

Parapiglia. Scatta il gioco della bottiglia.
Se avrò culo potrò
"Tu non giochi" 
baciare. 
"Abbiam fatto le squadre prima" 
palpare 
"Ma se aspetti fra un po'  finiamo" 
amare.

Il gioco scarica le responsabilità, ma determina le esclusioni. A volte si scatenano forze tremende e non sempre il ruolo del genitore è quello di arbitro o di allenatore, a volte tocca mettersi in gioco anche a lui. E allora bisogna avere la forza di aprirsi, non di dare regole; di mostrarsi vulnerabili, e non inattaccabili; di avere empatia, e non sicumera. Quello che a noi appare una risibile scaramuccia, un gioco di ruolo ancora acerbo e ingenuo, per nostro figlio e nostra figlia è tutto il loro mondo di relazioni. Potremmo avere un effetto devastante. È facile, a questa età, replicare i modelli più comuni, perché sono quelli più sicuri; ed è infatti a questa età che si consolidano quelle confuse opinioni in solide, prime certezze sulle ragazze e sui ragazzi. Su queste fondamenta si baseranno le convinzioni di uomini e di donne: cerchiamo di non realizzarle con luoghi comuni, stereotipi, ignoranze varie... tutti materiali pericolosamente friabili.

Sì va be' però poi balliamo, 
"Non ci rompere i coglioni". 
Sul piatto gira un geghegé, 
danzo da solo e me ne vanto. 
Fantastico zimbello, io 
Non consumerò, non deglutirò
questa amarissima aranciata. 

Sono anni nei quali la paura più grande è quella di essere lo zimbello del gruppo, il ragazzo o la ragazza che tutti prendono in giro perché strano, diverso, incapace, "non come tutti gli altri". La crudeltà  con la quale vengono elargite queste considerazioni è rapportata all'intensità con la quale vengono trasmesse tra ragazzi e ragazze, che spesso non fanno altro, sballottati da quelle emozioni così forti, che riutilizzare espressioni e convinzioni sentite dai genitori, non avendo molto altro a disposizione. Ed ecco che ci si trova facilmente davanti piccoli razzisti, piccoli sessisti, piccoli violenti che sanno anche fare molto male; e tutti a chiedersi com'è possibile, e magari a dare la colpa alle compagnie, al web, alla televisione. Sì, certamente entrano in gioco anche i contesti educativi, di comunicazione e di linguaggio, verso i quali anche chi è già  passato per "la festa delle medie" può non essere preparato. Ma non è una buona scusa.


I versi immortali in corsivo sono tratti da "Tapparella", © Elio e Le Storie Tese. Il resto è tutta colpa di Lorenzo.

Lorenzo Gasparrini, 43 anni, romano, due figli maschi, editor di pubblicazioni accademiche, già ricercatore di Filosofia (per la precisione Estetica) e attivista antisessista: aderisce a NoiNo.org e fa un sacco di altre cose, in rete e fuori, che trovate qui. Gioca in porta, tiene per la Roma e cerca di limitare il consumo di grassi animali.



1 Commenti


Richie
19/12/2015

le "maschere" che indossiamo in realtà non sono quasi mai molto distanti da ciò che siamo come uomini e come donne. Virilità e femminilità uomini e donne le declinano ognuno a suo modo (mi spingo a dire che in realtà esistono tante mascolinità e tante femminilità quanti sono i maschi e le femmine). Ci sono tanti modi di essere ragazzo, ragazza, uomo o donna tanti quanti sono i ragazzi, le ragazze, gli uomini e le donne nel mondo, modi più frequenti e meno frequenti statisticamente ma tutti autentici e legittimi. Ma è vero che a quell'età entrano in gioco anche le dinamiche di gruppo che citi, e forse in certa misura è inevitabile: dall'incontro e talvolta dallo "scontro" con gli altri non si può prescindere, sperando che questa inevitabile fase della "festa della medie" non risulti traumatica


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