Ragazzi, sentimenti, violenza: NoiNo.org Lab, seconda parte.

di redazione di NoiNo.org

Continua il dialogo iniziato in un precedente post con Masha Romagnoli, psicologa del servizio minori della Casa delle Donne che conduce insieme a Silvia Carboni i laboratori su genere, stereotipi e comunicazione in due istituti superiori di Bologna. Masha ci racconta che i vecchi e triti cliché sui rapporti tra sessi sono davvero coriacei, ma anche quanto il coinvolgimento personale degli studenti possa fare la differenza.

A proposito di cliché: ma l'adolescenza non era l'età della ribelli senza causa, dello scontro con i genitori e del rifiuto del mondo degli adulti?
Una nostra ricerca di un paio di anni fa indica chiaramente che i ragazzi si sentono abbandonati, lasciati molto soli dagli adulti, dalla scuola, privi di punti di riferimento. E questo dato è costante tra licei e scuole professionali.

In questa situazione, come riuscite a coinvolgere gli studenti?
Cercando di dare voce ai ragazzi e alle ragazze, creando un setting, un contesto in cui non subiscono passivamente ma sono i protagonisti attivi. Ad esempio con la peer education.

Cos'è la peer education?
È un metodo di trasmissione delle informazioni da pari a pari (peer to peer): nel gruppo con cui si fa il laboratorio vengono individuati degli studenti (due per classe nel nostro caso) a cui viene affidato il compito di fare da portavoce del progetto in altre classi, soprattutto verso i più piccoli. È un metodo molto usato nei progetti di educazione alla salute (ad esempio quelli sulle malattie sessualmente trasmissibili come l'AIDS), meno nell'educazione al genere e nel contrasto alla violenza.

Come vengono scelti i peer educator? E com'è la reazione dei ragazzi?
Non vengono scelti, i ragazzi e le ragazze si offrono volontari! Spesso sono più quelli che si offrono dei ruoli a disposizione. E non sono solo quelli "bravi" a offrirsi, anzi alcuni studenti che hanno a scuola un basso rendimento si mostrano molto partecipativi, puntuali.
E poi gli studenti (senza differenza tra generi) sentono che il tema della violenza li interessa, li riguarda personalmente.

I teen ager hanno già esperienza diretta della violenza nelle relazioni di intimità?
Sì, secondo una nostra ricerca, più dell'82% delle ragazze e dei ragazzi tra i 14 e i 19 anni hanno già avuto una relazione.
E secondo un altro studio dell'Università di Parma il 99% degli studenti e delle studentesse tra le superiori e il primo anno di università dichiarano di avere subìto una qualche forma di violenza: cioè di essere stati scossi, spintonati o aggrediti verbalmente nell'ambito di una relazione.
Vediamo anche che aumenta la disponibilità a essere controllati dal partner, senza differenza di genere: come ti vesti, chi ti ha telefonato o mandato un sms, qual è la tua password di Facebook. Passa l'idea "Lo fa fa perché tiene a me".

Sono consapevoli che questi comportamenti sono una forma di violenza?
È difficile dare delle cifre perché il questionario ti può chiedere se un tuo partner ha esercitato una certa forma di controllo su di te, noi non sappiamo se tu la riconosci come una prevaricazione.
Però basandomi sulla mia esperienza a scuola, risponderei che no, non c'è una gran consapevolezza. Di solito i ragazzi non riconoscono la violenza psicologica, quella economica, quella assistita. Sono più consapevoli dello stalking e della violenza fisica.
Ma anche su questa ci sono sorprese. Ci capita di parlare di schiaffi e di sentirci rispondere "Sì, ma che intendi per schiaffo?" o "Col sangue? Se no non è proprio uno schiaffo."

Ci sono forti differenze tra ragazzi e ragazze in questo?
Di nuovo, non molte. La frase "Alle donne piace esibirsi" è vera per il 70% dei maschi e per il 66% delle femmine, per il 60% di entrambi "I ragazzi escono con le ragazze solo per avere rapporti sessuali". Per il 55% delle ragazze e il 75% dei ragazzi è normale che lui insista, pretenda di avere rapporti con lei. Sono i classici miti della violenza degli adulti: "Ha detto no, ma pensava sì." "Sennò non faceva la civetta."

Secondo voi questa cultura "accondiscendente" e gli stereotipi di genere favoriscono i comportamenti violenti?
La violenza comincia quando non riconosci l'altro come tuo pari. La cultura della libertà e del rispetto dell'altro non è così diffusa. E purtroppo anche molte ragazze condividono questo problema.

Ti riferisci ai casi di bullismo "al femminile"?
Sì, è un fenomeno che si sta diffondendo.

Secondo gli studenti, quali sono le cause della violenza maschile contro le donne?

Per le ragazze, l'uomo è più aggressivo per natura, o è violento perché ha subìto degli abusi o perché è dipendente da alcool o droghe.
Per i ragazzi, invece, succede quando la donna tradisce il suo partner, lo provoca o non si comporta "bene", "non fa il suo dovere".
Sono idee comunque inesatte, per lo più, ma mettono in evidenza una differenza di atteggiamento tra i due generi.

I ragazzi (maschi) fanno più fatica ad assumersi la responsabilità degli atti violenti?

Sì questo è un problema. Gli adolescenti fanno fatica ad accettare che il responsabile di un'azione violenta è chi la compie, in ogni caso.

Ultimamente si sente spesso parlare di cyber bullismo, di violenza psicologica inflitta tramite i social network. Se ne parla, nei vostri laboratori?

Sì, la storia tipica è quella della ragazza che manda delle immagini sexy al suo ragazzo, in privato. Poi lei lo lascia e lui, per rifarsi, diffonde quelle foto o video in rete. Come succede spesso nei casi di violenze sessuali reali, scatta il meccanismo che colpevolizza la vittima: la colpa è della ragazza che si è fatta le foto, non di lui che le ha pubblicate. E anche in questo caso purtroppo spesso il giudizio è condiviso dalle ragazze: "Ci doveva pensare prima".

Insomma, lo scenario di partenza è abbastanza grigio. I vostri laboratori nelle scuole ottengono dei risultati?
Sì, il cambiamento c'è ed è un grande incentivo per noi. I ragazzi compilano un questionario all'inizio e alla fine del ciclo di incontri e vediamo che la consapevolezza aumenta.
Capiscono anche che se subiscono violenza, assistono alla violenza o comunque vogliono fare qualcosa, possono farlo.
Poi c'è il grande coinvolgimento di cui parlavamo prima. Specialmente quando si fanno dei veri e propri laboratori come quelli del progetto insieme a NoiNo.org, in cui i ragazzi producono qualcosa di concreto come manifesti, video, fumetti, i risultati sono molto incoraggianti.



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