Autodifendiamoci dagli stereotipi, alleniamo la coscienza.

di redazione di NoiNo.org

Continua la chiacchierata su autodifesa, violenza e stereotipi di genere già iniziata con Marco e Andrea, istruttori di arti marziali e corsi di autodifesa.


Le arti marziali e gli spot di contatto sono ancora un terreno molto maschile?

Marco - È un mondo prettamente maschile. Con l'A.S.D. Seiken sto lavorando per questo, ma le donne non si sentono parte del mondo degli sport di contatto. Addirittura ho anche sentito dire da alcune donne che a loro non serve perché a loro non capiterà mai nulla. Lo spero vivamente.
Andrea - L'autodifesa è ancora un mondo piuttosto "macho". Nell'ambiente ci sono tanti uomini che si comportano da classico "maschio alfa", ma magari si occupano di autodifesa femminile per pure questioni di business.

Chi frequenta i vostri corsi? In generale ci sono molte donne?
Andrea – Nei corsi non specificamente rivolti alle donne, queste sono comunque circa la metà dei praticanti, di età dai 16 ai 55 anni.

Partecipano perché subiscono o hanno subìto violenze?
Andrea – Alcune ci hanno detto di averne subìte in passato, nessuna mi ha mai raccontato che stava vivendo un'esperienza del genere. La maggior parte partecipano per timore di potersi trovare in una situazione simile, per sentirsi pronte ad affrontarla.

Com'è in palestra il rapporto tra praticanti maschi e femmine?
Andrea – Registro regolarmente un forte imbarazzo dei ragazzi ad affrontare le ragazze in allenamento, una resistenza "culturale" al confronto fisico. Che mi pare positiva, nel senso che gli uomini che vedo io hanno un vero e proprio blocco rispetto all'idea di poter mettere le mani addosso a una donna. Purtroppo in alcuni casi questo viene utilizzato: noi ci occupiamo anche di bullismo adolescenziale, e le baby gang hanno imparato a mandare avanti le ragazze, sapendo di poter contare su una minore resistenza.

Ci sono arrivati messaggi piuttosto esaltati (pochi) da qualcuno che aveva frainteso il senso di "Uomini contro la violenza sulle donne" (del tipo "Bravi, io se incontro un violento lo ammazzo di botte", "Bisogna farsi giustizia da soli" ecc.). Hai mai avuto a che fare con tipi così?
Andrea - Purtroppo di esaltati è pieno il mondo. Alcuni si sono presentati per questo, altri perché volevano diventare una sorta di Nocs della domenica. Devo però dire che quando si trovano a lezione da me rimangono tutti delusi e se ne vanno ad altri lidi, non tanto per le componenti tecniche della lezione quanto per l'ottica molto realistica, per cui l'autodifesa consiste prima di tutto nell'evitare i pericoli. Non esistono fucine per supereroi, tanto meno per giustizieri della notte.



Lo faresti un corso di gestione della rabbia per gli uomini?

Andrea - In parte è quello che facciamo. Cercare di evitare o quanto meno di abbassare il livello del conflitto (magari cedendo terreno per quanto riguarda l'ego) implica una gestione dell'aggressività notevole, così come l'allenamento all'uso di tecniche "civili" qualora ci si trovasse in uno scontro richiede un lavoro impegnativo. Perchè questo avvenga però è necessaria un'apertura e una collaborazione attiva dell'allievo.

- E i modelli maschili sono utili?
Andrea - Avevo un maestro che a noi insegnava a non cercare il diverbio e la zuffa, quando lui era il primo ad attaccarsi con chiunque e per qualunque motivo. Ti dico questo per evidenziare un punto: come per il discorso che abbiamo fatto sulle donne abusate, la motivazione al cambiamento è una variabile soggettiva. Per cambiare un'abitudine maladattiva bisogna innanzi tutto riconoscerla come tale e poi lavorarci sopra cambiando credenze e schemi mentali, e non per tutti è così ovvio.



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