Donne a metà e ragazzi tagliati in due.

di redazione di NoiNo.org


Donne a metà e ragazzi tagliati in due.

Come parlare agli adolescenti di sesso, amore, violenza: una psicologa alla proiezione di "Donne a metà", il documentario su illusionismo e sessismo di Mariano Tomatis.

Cosa ci fanno tutti insieme un professionista di illusionismo e un appassionato di motociclismo, una psicologa e un'operatrice sociale, NoiNo.org e l'associazione Linea Rosa? La proiezione a Ravenna del documentario di Mariano Tomatis è stata l'occasione di far incontrare tanti punti di vista diversi. Per cominciare, vi proponiamo una sintesi dell'intervento su "Adolescenti e violenza di genere" di Federica Zangirolami, psicologa e psicoterapeuta (il testo completo nel link a lato). L'argomento è molto ampio e suscita molte questioni. Noi ci siamo chiesti, ad esempio, come si fa a proporre un modello di uomo differente (di padre, di compagno ecc.), senza negare la specificità e il fascino dell'immaginario maschile "classico" (quello di cui fa parte la figura di Ulisse citata più avanti)?
Dite la vostra, condividete la vostra esperienza, le vostre opinioni! E naturalmente i vostri dubbi. Qual è, infatti, il messaggio più importante di "Donne a metà"? Proprio l'invito a mettere in discussione ciò che abbiamo sempre visto come "normale": i ruoli di genere che ci propone la società. Perché, come ogni illusionista sa, il trucco più difficile da vedere è proprio quello che hai sempre avuto davanti agli occhi. 

"Adolescenti e violenza di genere" di Federica Zangirolami
L'adolescenza è un'età "magica" in cui avvengono trasformazioni importanti, un percorso costellato di difficoltà, angosce e dalla netta sensazione di essere spaccati, divisi, "tagliati a metà". Se l'età dell'adolescenza è il momento in cui si inizia a strutturare in modo più significativo il contatto con l'Altro a livello relazionale e sessuale, è qui che si dovrebbe concentrare maggiormente l'attenzione verso il modo in cui viene percepito e attualizzato tale contatto.
Occorre che noi tutti siamo sensibili alla rappresentazione sociale del ruolo femminile e al modo in cui viviamo, descriviamo, commentiamo e reagiamo alle situazioni violente. Nel loro libro "L'ho uccisa perché l'amavo? Falso!" (Laterza 2013) Loredana Lipperini e Michela Murgia ci richiamano alla responsabilità scrivendo:
"Bisogna imparare a parlare di femminicidio. Non solo i mezzi di comunicazione devono farlo. Dobbiamo farlo noi, e voi: perché tutti siamo ormai, ognuno nel proprio ambito comunicatori.
Quel malinteso concetto di natura, uomini forti, donne deboli, uomini predatori e donne prede, si miscela con un generale terrore dell'abbandono che oggi ci riguarda tutti, donne e uomini. Ma le donne, diceva una psicologa tempo fa, temono di essere lasciate, gli uomini lo rifiutano. Per cultura, e non per natura. Non tutte le relazioni sono così, non sempre. Ma un poco di questa eredità ci riguarda tutti, uomini e donne."

A proposito di linguaggio, avete mai ascoltato un gruppo di adolescenti parlare tra loro? Oltre ai nomignoli e ai soprannomi, tra maschi e femmine usano regolarmente delle vere e proprie offese… Questa modalità ha anche una connotazione positiva, ma sarebbe irresponsabile non riflettere su un aspetto che può diventare estremamente rischioso.

Da una ricerca del 2011 promossa dalla Regione Veneto (scaricabile a lato) emerge — su un campione di 1.587 adolescenti — un'ideologia ancora fortemente sessista e stereotipata delle differenze di genere, soprattutto nei maschi. Emerge anche che entrambi i generi giustificano i comportamenti violenti all'interno di una coppia, soprattutto quando motivati dalla gelosia. 

Come possiamo aiutarli a rileggere le loro relazioni in un'ottica di rispetto e apprezzamento delle differenze? È una responsabilità cui noi adulti non possiamo sottrarci.
In linea con il documentario di Mariano Tomatis, credo che la questione (letteralmente) di vita o di morte sia quella di non smettere di porsi delle domande, non dare nulla per scontato. Quali stereotipi ci guidano nel rapporto con l'altro sesso? Giustifichiamo gli atti violenti? Con quale motivazione? Legittimiamo l'uso della violenza dei nostri figli o alunni nei confronti degli altri? Abbiamo mai domandato loro come si comportano con l'altro sesso, cosa pensano delle molestie, delle prevaricazioni, della violenza? Quello su cui vorrei insistere è la necessità di essere, in prima istanza, consapevoli delle lenti che usiamo per interpretare la realtà.

Dobbiamo tutti provare a riscrivere scene alternative, che non banalizzino, che non mortifichino, che non squalifichino. Educare alla complessità, costruire storie più raffinate, è l'invito di Tomatis. Aggiungiamo nuove voci, senza la paura di chiedere aiuto agli uomini in questo. Chiediamo di scoprire e riscoprire insieme nuovi modelli di virilità, lontani dall'idea che l'uomo debba essere forte e imporre il proprio potere con la forza (fisica e psicologica) o con il possesso, che afferma sé stesso solo distruggendo la donna.

Massimo Recalcati, psicologo e scrittore, a questo proposito, insiste sulla necessità del ritorno del Padre sintetizzandolo con l'immagine di Telemaco, il figlio di Ulisse che aspetta il ritorno del padre guardando il mare:
"In gioco non è l'esigenza di restaurare la sovranità smarrita del padre-padrone. La domanda di padre che oggi attraversa il disagio della giovinezza non è una domanda di potere e disciplina, ma di testimonianza. Sulla scena non ci sono più padri-padroni, ma solo la necessità di padri-testimoni. La domanda di padre non è più domanda di modelli ideali, di dogmi, di eroi leggendari e invincibili, di gerarchie immodificabili, di un'autorità meramente repressiva e disciplinare, ma di atti, di scelte, di passioni capaci di testimoniare appunto come si possa stare in questo mondo con desiderio e al tempo stesso con responsabilità. Il padre che oggi viene invocato non può più essere il padre che ha l'ultima parola sulla vita e sulla morte, sul senso del bene e del male, ma solo radicalmente umanizzato, vulnerabile, incapace di dire qual è il senso ultimo della vita ma capace di mostrare attraverso la testimonianza della propria vita che la vita può avere un senso."



1 Commenti


cristinamoccia
03/09/2014

Quello che penso sempre piu' spesso anch'io e quello su cui credo bisogna lavorare parecchio, e' alla base questo tradizionalismo che impedisce a tante di noi a volte di eliminare la paura di essere lasciate, li si farebbe gia' molto. L'indipendenza e' I'll primo passo verso la sicurezza per una donna senza tralasciare I'll successo in quello che ci piace, che ci interessa nell'essere anche madri e felici. Senza dover per forza diventare" uomini"ma semplicemente sicure di poter stare al mondo in liberta'.


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