Il mostro non muore mai. La storia di Mario.

di redazione di NoiNo.org

Il mostro non muore mai. La storia di Mario.

Questa è la storia di come la violenza su una bambina diventa il dolore di una madre e dei suoi figli. Noi di solito non usiamo la parola "mostro", perché la maggior parte delle violenze è compiuta da uomini almeno apparentemente "normali". Ma questa è la storia di Mario (non è proprio il suo nome, ma non importa), e lui ha deciso di chiamare così il ricordo del tentativo di stupro subito dalla madre da bambina. Un ricordo la cui ombra si stende su tutta la vita della donna, e forse anche su quella dei suoi figli. Perché non è facile, crediamo, crescere con l'idea che il tuo compito, come figlio e come maschio, sia "proteggere e vendicare". Specie se allo stesso tempo per gli uomini adulti (padri o compari che siano) sembra sia altrettanto "naturale" prendere ciò che vogliono, imporre, minacciare. In un mondo in cui il destino di una donna è essere prima figlia poi madre, sempre curando, servendo, consolando.

Un'avvertenza: la storia di Mario potrà sembrarvi "esotica", perché comincia in un'Italia arcaica e prosegue in America, dove i genitori di Mario sono emigrati. Ma non fatevi ingannare dall'ambientazione e dai toni della vicenda, che a volte sembrano usciti dritti da un romanzo di John Fante. La sua storia ci riguarda. Perché potrebbe essere la storia dei nostri nonni, dei nostri padri, la nostra. Perché quell'Italia, quel modo di intendere il ruolo delle donne e degli uomini, non sono così lontane nel tempo e nello spazio. E almeno un po' ce le portiamo dentro tutti. Grazie a Mario per averla condivisa con noi (e grazie a Simo B. per l'assistenza nella traduzione).


IL MOSTRO NON MUORE MAI

Credo davvero che mia madre sia la madre migliore del mondo. Seconda a nessuno. Una donna che ha dedicato tutta la sua vita ai suoi figli e a suo marito, senza chiedere mai nulla per sé stessa. Si sarebbe privata di tutto per farci felici. Quando io e mio fratello eravamo bambini, lei lavorava a casa dalle sei di mattina alle dieci di sera: puliva, faceva la spesa, cucinava, rassettava il cortile, ci aiutava a fare i compiti. E soprattutto ci amava sopra ogni cosa. Ma in quegli anni non sapevo ancora che un mostro, lo spettro di un ricordo terribile, perseguitava mamma giorno e notte. Ricordo quando diceva a me e a mio fratello che era felice di avere due figli maschi, due ragazzi forti che l'avrebbero protetta e che un giorno l'avrebbero fatta  felice rendendole giustizia. Per anni, ho pensato che si riferisse a mio padre. Quello dei miei genitori non fu un matrimonio facile, ma resistette ai momenti di difficoltà economica, varie difficoltà di lavoro e alla famiglia di mia madre, che certo non contribuiva a rendere le cose più facili.

Mia madre è una donna forte e sensibile. Quando eravamo malati, avevamo problemi a scuola o ci lasciavamo con le nostre ragazze ci teneva la mano e ci diceva "Non preoccuparti, tutto passa.". D'altra parte, quando ci comportavamo male era capace di inseguirci per casa con la scopa. Il ricordo più buffo della mia vita è la volta in cui, facendo a botte con mio fratello nell'ingresso, mi ritrovai con una gamba infilata nel muro. I muri interni sono di gesso, negli Stati Uniti: il calcio che aveva mancato mio fratello aveva preso in pieno la parete, passandola da parte a parte. Mamma era così arrabbiata, e così preoccupata per la reazione di nostro padre, che cominciò a inseguire mio fratello. Io mi misi a ridere come un matto. Alla fine mi trovai con il manico della scopa rotto sulla schiena, e non riuscivo a smettere di ridere.  Tenete presente che mio fratello e io eravamo due robusti giocatori di football americano, mentre nostra mamma è una donnina piccola e paffuta alta circa un metro e cinquanta, potrete immaginare la scena.

Mia mamma è una donna semplice, che ha studiato fino alla terza elementare nelle campagne dell'Italia meridionale. I suoi genitori non avevano mai preso in considerazione l'idea che anche lei potesse andare a scuola: preferivano avere una governante pronta a soddisfare tutte le loro necessità notte e giorno. Tutta la sua famiglia lavorava a mezzadria per "il Barone": un grande proprietario terriero che in pratica possedeva la maggior parte della terra intorno un piccolo paese in provincia di Cosenza, Calabria. La mamma cominciò a lavare i panni per la sua famiglia e per il Barone quando aveva 8 anni. Entro i 9 cucinava, lavava i vestiti e faceva le pulizie per 7 persone. A dieci anni sembrava già una donna adulta. La mamma preparava il pranzo per il padre, i fratelli e gli altri parenti che lavoravano nei campi e lo portava, ovviamente a piedi. Tutti i giorni, ogni singolo giorno dell'anno. Ai  giorni nostri questo servizio si chiama "take away" a domicilio, mia madre è stata un precursore.

Quando mamma tornava, attraversava la fattoria per dare da mangiare agli animali che la famiglia allevava: galline, pecore, conigli e mucche; questa fu la routine per almeno altri due anni. Un giorno, in autunno, mia madre incontrò il mostro. Il mostro la avvicinò da dietro la afferrò e la gettò su un mucchio di paglia sul retro del fienile; per prima cosa agguantò il seno di mia madre e cercò di sollevarle la maglia. Cadde su di lei mentre tentava di togliersi i pantaloni. Improvvisamente un rumore, forse un animale o una voce, e il mostro si alzò e corse via, mentre mia madre faceva lo stesso. Prima di scappare, però, il mostro la afferrò per il braccio e le intimò di non fare un fiato con nessuno o lui avrebbe ucciso sua madre. Mia madre sfuggì alla violenza che invece molte altre ragazze dovettero subire, inclusa la mia povera nonna.

Nessuno pensava che fosse un mostro: era un amico della famiglia, un compare, come nel sud Italia sono chiamati i padrini del battesimo o della cresima. Il compare era il fattore dell'allevamento del Barone e soprintendeva a tutte le attività, dalla mungitura delle mucche, alla vendita degli animali al mercato o semplicemente alla scelta delle bestie migliori per la tavola del Barone. Per il Barone il mostro non poteva fare niente di sbagliato. Inutile dire la paura di attraversare la fattoria che perseguitava mia madre; non voleva mai attraversare la fattoria da sola, ma si faceva sempre accompagnare da un amica, un cugino, un parente o qualcuno. Aveva detto a tutti di essere spaventata dagli animali.

Il tempo è passato, adesso mamma ha 73 anni ed è sopravvissuta a molti seri problemi di salute. È fondamentalmente dipendente da mio padre che ha 83 anni; trascorre le  sue giornate guardando la televisione e osservando le fotografie dei suoi due nipoti e dei suoi figli. È una nonna molto affettuosa che sta cercando di uscire dalla depressione che le è stata diagnosticata. Un altro mostro nella vita di mamma. Il terribile evento della sua giovinezza ha spinto il secondo mostro ad uscire fuori, oscuro e terribile come il primo: ognuno si nutre dell'altro. Mia madre è stata visitata molte volte e tutti gli psicologi hanno sottolineato che quel singolo episodio ha formato e spezzato il suo carattere. 

Ho 48 anni e sono orgoglioso di mia madre, ha fatto tutto ciò che una madre poteva fare. Anche ora, il suo "Ciao figlio, come stai?"  è bello da sentire. La sua voce mi fa ancora sentire protetto, aiutato e soprattutto amato. Io sto passando il peggior periodo della mia vita, una separazione molto difficile, con grandi problemi che si sono riflessi sul mio rapporto con mia figlia. Anche la mia fiducia nella Chiesa, a cui mia madre ha sempre tenuto tanto, ne è uscita molto indebolita. Cosa ha a che fare questo con mia madre?

I mostri hanno diverse forme e caratteristiche ma in qualche modo hanno a che fare con la violenza. Mia madre ha dovuto vivere tanto dolore perché ai suoi tempi non esisteva nessuna vera soluzione o aiuto contro questi mostri. Oggi possiamo sconfiggerli, se riusciamo ad aiutare le persone a non farsi sopraffare e le sosteniamo. Negli ultimi anni la situazione è migliorata immensamente: esistono servizi di assistenza, associazioni di volontariato, specialisti e iniziative di informazione come NoiNo.org. Ognuno di noi può dare il suo contributo, a suo modo, e insieme possiamo cambiare le cose.

Foto: Fiore Barbato - cc attribution-sharealike



2 Commenti


emma claudia corigliano
20/11/2014

Grazie per aver condiviso con noi la tua storia. Mi sono commosa leggendola. Un bacio a te ed alla tua mamma da una calabrese:)


mario
04/11/2014

Cara Mamma; Non sono riuscito a fare vendetta sul mostro con le mie mani, ma spero che con la penna sono riuscito a farti vendetta o un po? di giustizia. Spero che chiunque abbia problema come hai passato tu, venga fuori e ne parla con persone come noi.no non è giusto che tu hai sofferto una vita intera e continui a soffrire Ti voglio bene mamma ? tuo figlio Mario


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