22/01/2015
Ancora con la società maschilista, patriarcale e violenta? Questo in un paese dove in un qualsiasi tribunale civile le donne sono la maggioranza assoluta tanto tra gli avvocati quanto tra i magistrati, gli ospedali hanno da decenni donne ai livelli più elevati della carriera e potrei continuare su altri campi. Questo modulo ripetuto acriticamente, a pappagallo, con la richiesta di autofustigazione del maschio sempre e comunque ha sinceramente rotto i coglioni. Non esiste locuzione meno esplicita di questa. Probabilmente siete voi i violenti e proiettate i vostri comportamenti malati su tutti gli altri.
Ringrazio tutti per i commenti, e Paolo per esporsi. Nel suo caso, l'ammissione, la messa in gioco, il "io che posso fare.." è il punto di partenza. Paolo dice: "La cosa paradossale è che ritenevo una azione violenta lontano dai miei modi di pensare..". Questo è un punto fondamentale, che nelle mie conferenze cerco di affrontare come punto principale. Il problema della violenza ci appartiene? Quando ascoltiamo alla televisione, sui giornali, notizie di coppie "scoppiate", spesso o sempre ascoltiamo di omicidi, acidi che sfigurano, o qualche storia accattivante. Pensiamo: che effetto fa su di noi? "Figurati se potrò io ad arrivare a fare qualcosa del genere.."; emotivamente ci coinvolgono ma personalmente ci distanziano. Ciò che ci raccontano non è falso, ma è l'estremo, la fase finale e cronicizzata di anni di violenze; violenze che nascono spesso, molto tempo prima, da parole, gesti, o anche sguardi fugaci, ma terribili per chi li riceve. Dobbiamo far sì che sentiamo questo problema come NOSTRO, essendo Noi Tutti, nati e cresciuti in una società generalmente violenta, intesa anche quando si parla di maschilismo, o di ruoli marcati. E possiamo cominciare a farlo dal linguaggio che usiamo, da come ci poniamo anche con gli amici al bar parlando di "donne", e appunto, dal metterci in gioco. E, come dice giustamente Francesco, i nostri bambini; emotivamente li stimoliamo o li inibiamo? Stefano ci parla di "sviluppo dell'emotività femminile", esattamente: noi maschi tendiamo a chiuderci, a non parlare di cosa sentiamo, trovando ciò una noia, stancante, inutile o difficile. "Preferisco chiudermi in stanza finché non ho risolto quel problema.."; proviamo invece a parlarne, anche solo emotivamente, dando la precedenza a COME ci sentiamo e poi a come risolverlo. Vediamo cosa succede.
Condivido il pensiero di Daniele. Porsi degli interrogativi serve a cercare delle risposte. Ho vissuto per anni nella mia famiglia, e per anni ho assistito ad episodi di violenza sia fisica che verbale. Forse è per questo che come drammaturgo e scrittore, oggi sento il dovere di raccontare le storie di violenza, per smuovere le coscienze. Credo sia necessario però lavorare molto sui bambini e i ragazzi, dare loro gli strumenti adatti per cambiare la visione del mondo. Il teatro in questo può fare tanto, perché racconta e narra quelle storie che spesso divengono abitudine mediatica. Credo sia anche necessario creare uno sportello di aiuto all'interno delle carceri, che spesso sono solo box per rafforzare le debolezze umane, mentre potrebbero essere luoghi di formazione, di sviluppo e di reintegro nella società . Francesco Olivieri
Capisco Paolo. Il fatto e' che, secondo la mia esperienza sessantacinquenne di figlio, marito, padre di una figlia, nonché psicoterapeuta e insegnante, mi sono abbastanza convinto che noi uomini siamo molto, molto fragili. E purtroppo di questa nostra fragilità fanno le spese le donne. Siamo troppo deboli (mediamente parlando) sul piano emotivo, dove qui siamo davvero inferiori, autentico sesso debole. E' la conseguenza di una lunghissima costruzione culturale che ha promosso una presunta superiorità maschile a partire dall'unica superiorità che ha l'uomo sulla donna: quella muscolare. Anche se siamo persone sensibili, di buoni principi ecc., paghiamo dazio a tale costruzione perché essa si è, a parer mio, biologizzata nei secoli: i l genotipo maschile, raramente contrastato da una cultura dell'empatia e della solidarietà , continua a fare stragi di donne, in tutte le epoche e sotto tutte le latitudini del globo. Occorre sviluppare con pazienza e umiltà la sensibilità "femminile" contrastando sia i tratti sessuofobici sia quelli sessuofili della società , evitare la tentazione di "scorciatoie" come il machismo e il "paritario" consumismo sessuale in quanto entrambi impediscono un reale e profondo incontro emotivo tra i generi. E quando ci sorprendiamo ad avere atteggiamenti violenti sulle nostre compagne, dobbiamo avere l'umiltà di riconoscere questi tratti violenti anziché negarli, e ricorrere a professionisti o centri per avere subito lumi per poterli contrastare. Prima che succedano cose che non avremmo mai pensato di commettere.
Ciao a tutti. Sono contento che ci sia uno spazio di riflessione e confronto su questo tema che credo abbia radici talmente profonde in seno alla nostra cultura che se riuscissimo a riconoscerle e sradicarle l\'intero assetto sociale muterebbe. Nel mio lavoro di psicoterapeuta mi confronto spesso con il vissuto di coloro che si sentono vittime di violenza. In questa sede mi voglio concentrare su un aspetto che pone Daniele quando chiede se alzare la voce sia violenza. \r\nPer quanto mi riguarda trovo che una distinzione utile sia quella tra rabbia, aggressivit? e violenza. Penso che l\'emozione della rabbia (ed a monte l\'aggressivit?) sia lecita, mentre indico come illecita la violenza in quanto comportamento \"agito\" lesivo e irrispettoso dell\'altro e fallimento di una comunicazione autentica. Es: l\'uomo prova frustrazione per le aspettative e le richieste della compagna, ma per educazione non ha imparato ad ascoltare queste sue emozioni e a comunicarle: \"cara, in questo momento provo un forte disagio per le tue richieste e sento rabbia e risentimento. Ho bisogno che tu mi ascolti e capisca queste mie emozioni\". Avete mai pensato di rivolgervi cos? alla vostra compagna? Io conosco pochi uomini in grado di farlo: significherebbe mostrare la propria emotivit? ossia (secondo gli uomini) la propria fragilit?. E gli uomini non possono permettersi di essere fragili!\r\nA seguito della negazione della propria fragilit?, gli uomini falliscono nella comunicazione autentica e diretta dei propri sentimenti e trovano come unico canale comunicativo l\'espressione violenta. \r\nQual\'? la soluzione? Un cambiamento culturale che trasformi le aspettative nei confronti degli uomini: anche noi siamo esseri umani fragili e bisognosi di comprensione. Ed abbiamo il dovere di assumerci la responsabilit? dei nostri vissuti e la responsabilit? di imparare a comunicarli, cercando nuove formule. Il riconoscimento della fragilit? pu? essere la vera forza.\r\nMi sto dilungando...spero che queste mie riflessioni possano essere di spunto.
Ciao a tutti mi chiamo Iacopo ho 22 anni non sono sposato ne fidanzato al momento. Nella mia famiglia ci sono due presenze femminili mia mamma e mia sorella maggiore; che amo, ma non nascondo che certe volte abbiamo litigato e senza episodi estremi comunque siamo arrivati alla violenza verbale e fisica. Certe volte ho paura di rivivere situazioni del genere anche con una futura compagna. La violenza deve essere condannata sempre, ma è evidente che la sottovalutiamo troppo e in certi casi la confondiamo con la difesa approfittandocene. Se dovessi definire la violenza direi che essa è la volontà di vincere e vendicarsi ad ogni costo.
Mi sento preso in pieno. Qualche giorno fa ho alzato le mani su mia moglie, anzi peggio gliele ho messe sul collo, per un attimo avrei voluto strozzarla. Non consideratemi manesco, anzi ritengo chi usa le mani per avere ragione un debole, e sono stato debole. Per un attimo ho perso il controllo di me a causa di una discussione,non sono riuscito a rompere la catena che mi metteva in difficoltà , chiedevo di smetterla e invece lei non capiva. Da allora non sto bene, nonostante le abbia chiesto scusa(anche se queste cose non si scusano) e sappia di avere almeno l'attenuante di una situazione complessa in casa che ha portato a questo, la cosa ha messo un'ombra tra me e lei. La cosa paradossale è che ritenevo una azione violenta lontano dai miei modi di pensare e ritenevo i violenti delle persone che avevano fallito il loro confronto con persone, la cosa brutta è che ho avuto conferma del mio pensiero.
Redazione di NoiNo.org
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