Amore o possesso? Lo stalking visto a 17 anni.

di IV Q e IV M Liceo Galvani

Camilla, Federica, Caterina, Silvia, Zainab e Francesca sono studentesse della IV Q del Liceo Galvani di Bologna che hanno partecipato al progetto "NoiNo.org Lab". Il punto di partenza del loro post sulle forme di violenza diffuse nelle relazioni tra adolescenti è un video: "Questo non è amore, è possesso", realizzato nel 2014 nell'ambito del progetto "Mai più violenza" che ha coinvolto 35 studenti e studentesse del Liceo Minghetti di Bologna. 

"Posso #vivere tranquilla?". Ormai me la sento ripetere tutti i giorni questa frase. Il problema è che, malgrado le innumerevoli volte Giada, la mia migliore amica, me l'abbia ripetuta, non so ancora la risposta. Giada ha 17 anni come me e frequenta un liceo nella periferia di Bologna. Ci conosciamo da quasi 6 anni e praticamente so tutto di lei. In prima liceo, ad una festa ha conosciuto Antonio, un ragazzo abbastanza rinomato tra le prime di allora. Giada mi ricordo che mi diceva sempre: "è assolutamente #quellogiusto!". Ormai sono fidanzati da tre anni, durante i quali ne hanno passate veramente tante. Da fuori sembrano fatti l'uno per l'altra, ma non è proprio così. Giada per le festività natalizie è andata in montagna con la sua famiglia e alcuni amici dei genitori. Antonio però è rimasto a Bologna e per questo il giorno prima di partire Giada è andata a casa sua per salutarlo. Non si sarebbe mai aspettata di trovarlo arrabbiato nero. Il motivo era che non accettava che lei potesse partire senza di lui. Tornata a casa Giada mi ha chiamata in lacrime convinta di avere lei la colpa. Non voleva neanche più partire perché si sentiva una stupida ad aver scelto di andare in montagna rispetto a passare del tempo con Antonio. Ma questo è niente rispetto alla serata di Capodanno durante la quale Antonio comincia a tartassarla di messaggi, chiamate, registrazioni vocali perché esige sapere come è vestita Giada, dove va, con chi torna a casa, con chi è. Tutta la sera così. -3, -2, -1...Vai con le minacce! Di solito dopo il tanto atteso countdown di fine anno ci si fanno gli auguri, si festeggia insieme. Invece Antonio ha preferito inaugurare il nuovo anno in maniera diversa. Giada durante il brindisi con gli amici ha lasciato il telefono in un'altra stanza e, non ricevendo risposte, Antonio ha cominciato a minacciarla. Le diceva che se non rispondeva prendeva un treno e la raggiungeva, che se la tradiva rischiava molto, che non le conveniva nascondergli le cose sennò... Tutto questo io l'ho saputo da Giada, che il primo di gennaio mi ha chiamata stanca e confusa per raccontarmi tutto. È dal 31 dicembre che Antonio si comporta così ma Giada, forse perché veramente innamorata, non riesce a rendersi conto che quella non è solo #gelosia. Secondo me è molto di più. Io credo sia proprio una forma di violenza ma Giada pensa che io stia esagerando. La verità però ha un suo effetto anche su un cuore innamorato. È questa la sensazione di disagio che prova Giada: potrebbe raggiungere la tranquillità che desidera denunciando l'accaduto. Si può vincere il timore: perché tentare di conviverci?
Voi cosa ne pensate? Consigli per aiutare Giada?

Attenzione: questa storia non è realmente accaduta ma è frutto dell'insieme di tante storie sentite da coetanei che, secondo noi, hanno a che fare con la violenza.
Ai giorni nostri si sente spesso criticare Internet, in particolare i social network. Ma se da una parte questi possono rivelarsi uno strumento di violenza, dall'altra essi sono utilissimi strumenti di comunicazione. A noi, ad esempio, sono stati fondamentali per sviluppare il progetto ed elaborare il nostro prodotto finale. Ciò dimostra come la colpa non sia del mezzo bensì di chi ne fa uso in maniera inappropriata.


Dallo stesso video nasce la riflessione di Enrico, Ginevra, Lucia e Sofia della IV M, che invece credono che l'esperienza raccontata dai compagni e dalle compagne del Liceo Minghetti non può essere considerata violenza di genere. E hanno un'opinione opposta a quella delle loro compagne di scuola sulla responsabilità degli strumenti di comunicazione.

Secondo noi, il video non corrisponde alla nostra realtà quotidiana: infatti abbiamo riscontrato molte più situazioni nelle quali è la ragazza ad avere bisogno di un controllo continuo, quasi asfissiante, del fidanzato. Per questa ragione pensiamo che non si tratti di un esempio di violenza di genere, nemmeno quando si passa allo stadio successivo del rapporto, nel quale il controllo diventa bilaterale: entrambe le componenti della coppia esercitano un controllo continuo sull'altra. In generale, l'uso eccessivo dei social e delle chat è un modo in cui si esprime la "relazione moderna", è un bisogno di rassicurazione e conferma, che porta ad una svalutazione del tempo passato insieme dal vivo. Dopo essersi raccontati tutto minuto per minuto, quando finalmente si esce non si sa più di cosa parlare.



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