Tweet e lettere aperte, per farsi sentire dagli uomini.

di Ardovig

Tweet e lettere aperte, per farsi sentire dagli uomini.

Questa estate Ardovig (è il nickname con cui si firma su Twitter) ha condiviso con noi la lettera aperta agli uomini che ha pubblicato sul suo blog. La rilanciamo in vista del prossimo 25 novembre – giornata internazionale per l'eliminazione della violenza maschile contro le donne, perché è un esempio di come  sempre più voci maschili si stiano alzando per coinvolgere altri uomini sul web. Ardovig, già documentalista e web editor, è molto attivo in rete: il suo blog Parliamoneassieme si apre con una citazione dai Peanuts: "Non si discute per aver ragione, ma per capire"; si definisce "Da sempre attento alle tematiche di parità di genere e della violenza sulla donna" e affronta questi argomenti spesso dal suo punto di vista di credente. "Il cristianesimo - scrive - è un messaggio anche di liberazione della donna; che in seguito sia stato travisato è purtroppo un fatto storico. Cito spesso Ipazia, uccisa più in quanto donna che in quanto astronoma contraria alla teoria tolemaica."
Infine, Ardovig ha scritto un capitolo di "Anche i maschi nel loro piccolo...", e-book di riflessioni maschili contro gli stereotipi di genere a cura di SGI (Stati generali dell'Innovazione) che merita un post a parte.
"Il mio contributo è stato sul sessismo linguistico perché, se è vero che le priorità sono altre (diritto alla sicurezza, al lavoro), la parità di genere passa anche dalle parole." Parola ad Ardovig, ora, e a tutti voi che vorrete condividere e commentare la sua lettera aperta.

LETTERA APERTA AGLI UOMINI

Non passa giorno che non leggiamo di una violenza sulle donne, fisica o verbale. Ultimo caso di cronaca di un contatore che non ha smesso di correre, è il ribaltamento della sentenza in un caso di stupro avvenuto a Firenze che qui segnalo come riportato da Huffington Post.
Da qui un accorato appello agli uomini, alle istituzioni, al governo per la sicurezza delle donne.
Non delle "nostre" donne (non nel senso di appartenenza ma riferito a coloro che conosciamo), ma di tutte le donne.
Per il  loro diritto di vestirsi come par loro, di uscire e rientrare sicure da casa, in una casa sicura, di viaggiare in autobus e treni sicuri, di poter esprimere la propria opinione per quello che è, senza il pregiudizio più o meno inconscio che valga di meno perché detta da una donna.
Mi rivolgo agli uomini, non solo a quelli violenti, ma a coloro che non ci pensano, perché da brave persone quali sono non percepiscono l'allarme sociale che da troppi anni stiamo vivendo.
Chiedetevi, per un attimo, cosa prova una donna violentata. La ferita nel corpo si può curare, quella nell'animo rimane.
Non è questione di esagerazione da parte dei mezzi di comunicazione che prediligono, lo sappiamo, la cronaca nera e quasi mai danno spazio alle buone pratiche, perché comunque fanno vedere i casi eclatanti, non certo quelli della mattanza quotidiana che avviene nei piccoli paesi. 
Non prendiamocela con gli extracomunitari o con i rom, perché la professoressa Patrizia Romito, psicologa dell'Università di Trieste, ha ben chiarito che la maggioranza degli abusi sulle donne è perpetrata dagli italiani, mariti, padri e partner, ma questa è una realtà che ci sfugge proprio perché nel pensar comune "il cattivo è l'altro".
Mi rivolgo agli uomini perché riflettano sulle piccole cose di ogni giorno. Ad un certo tipo di televisione, alla pubblicità invasiva che ci propone ogni giorno fotografie di donne più o meno svestite che nulla hanno a che fare con il prodotto reclamizzato. Il documentario Il corpo delle donne di Lorella Zanardo è nato proprio come una denuncia contro una certa televisione rivolto a coloro che magari hanno riso senza riflettere davanti a certe scene.
Fate caso a quanti discorsi sulle donne, particolarmente sulle colleghe, sono fatti tra uomini alla macchinetta del caffè, frasi che non avreste mai il coraggio di pronunciare direttamente ad una collega. A me è stato domandato "Com'era Giovanna quand'era più giovane?", con chiaro sfondo sessuale e, più direttamente, "Tu Patrizia te la faresti?", cose che purtroppo vediamo anche nei film e certo non aiutano nell'educazione di genere dei nostri adolescenti.
Rammentate le cosidette "babysquillo dei Parioli", sbattute quasi quotidianamente in prima pagina? Ci è voluto Riccardo Iacona per far capire che loro in realtà erano le vittime e i veri colpevoli erano quelli che egli ha ben definito utilizzatori finali.
Non sto scrivendo nulla di nuovo, ma sono convinto che la battaglia contro gli abusi sessuali riguarda anche noi uomini. Agite di conseguenza, parlatene con i vostri amici e i vostri colleghi, soprattutto con i vostri figli, rilanciate questo post nelle diverse piattaforme dei Social Network, sempre con la speranza che un giorno non serva più farlo.

Foto di J. F. Rubio da Flickr - CC Creative Commons



1 Commenti


Richie
29/10/2015

Io intravedo un po' di moralismo quando parla di film: i film raccontano l'umano la società e ciò è legittimo, i film non devono renderci migliori,devono raccontare storie credibili. Nell'umano, nella vita c'è pure il collega che si vorrebbe "fare" Patrizia ma se è per questo c'è pure la collega che si vorrebbe "fare" Patrizio..senza contare i colleghi omosessuali..e in questi desideri non c'è nulla di sbagliato in sè, sono desideri che esistono non si capisce perchè non debbano essere raccontati in un film. Se mi dici che sarebbe meglio dire "fare l'amore" invece di "scopare" io ti rispondo che una storia d'amore può nascere pure da una storia di puro sesso "ludico" tra due che si piacciono e vogliono "farsi" a vicenda sennò resta pur sempre una bella scopata e questo vale per l'uomo come per la donna


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