Padri, di cosa abbiamo paura?

di Lorenzo Gasparrini

Padri, di cosa abbiamo paura?

Da quando sono padre, devo ammetterlo, insieme a nuove gioie e nuove energie che non avevo mai provato prima, provo anche nuove paure. Per esempio, ho paura per la salute dei miei figli, in una maniera che non è la stessa per tutte le altre persone che amo. Poi ci sono le paure che riguardano il loro futuro di uomini, il loro carattere. Ho paura che sviluppino poco rispetto per gli altri: i prepotenti ottengono molto spesso ciò che vogliono, è dura resistere a questo sinistro fascino; ho paura che possano decidere di essere disonesti, anche con se stessi: una menzogna o un silenzio fanno molto comodo, lo si impara presto; ho paura che diventino, in qualche forma, violenti: com'è facile ottenere quello che si vuole togliendolo dalle mani degli altri; ho paura che diventino indifferenti, che smettano di essere curiosi e critici: perché "hanno tutto", forse troppo, oppure perché potrebbero rispondere a un mondo iperstimolante con una difesa fatta di freddezza e distacco.

Però sento spesso, nelle parole di molti padri, un'altra paura, che io non ho e che davvero non so spiegarmi. La paura di avere un figlio o una figlia omosessuali. Non c'è da stupirsene, in un paese dove per esempio la sedicente "teoria del gender" – una confusa e tendenziosa interpretazione di alcuni testi femministi e di studi di genere – trova sempre più credito invece di venir liquidata, come sarebbe giusto, tra le risate di chi la riconosce per quello che è: un tentativo di screditare il "diverso" da parte di una cerchia di fondamentalisti religiosi (purtroppo, molto influenti) e di esponenti politici decisi a cavalcare i temi "etici".

È vero che avere un figlio o una figlia omosessuale, oggi, significa che crescerebbero in un paese che non è pronto né adatto a loro. Sarebbero costretti a crescere con tutto il mio amore e il mio aiuto impegnati a proteggerli da una società a lui o a lei ostile per costituzione, per tradizione – una condizione terribilmente ingiusta e odiosa da sopportare. C'è forse una qualche statistica scientifica che lega l'omosessualità a qualche disvalore etico? No. Eppure, quanti padri italiani sono ancora attenti a "difendere" i loro figli e le loro figlie da qualunque diversità sessuale o di genere? E così facendo inculcano loro sessismi e atteggiamenti discriminatori, insegnano una violenza spacciata per "normalità". Di cosa, padri, abbiamo davvero paura? Un uomo che ha paura è sempre un uomo violento. Violento per reazione, come difesa, come ostentazione di virilità in pericolo, come esibizione di una mascolinità ritenuta offesa o minacciata.

Non posso non ricordarmi che, quando ero ragazzo, il primo feroce insulto usato dai maschi per discriminare un coetaneo, per deridere i suoi atteggiamenti o il suo non conformarsi al gruppo e al senso comune del maschio era frocio. E le mille altre parole che insinuano una degradante "femminilità" in qualche comportamento. Tantissimi crescono ancora con l'atavica, patriarcale, maschilista paura del frocio. E mi pare ovvio, poi, che tutti gli altri aspetti riconducibili alla femminilità siano trattati come qualcosa di repellente, fino a considerare tutte le donne come qualcosa di inferiore, degradante, forse anche contagiante. D'altra parte, una ragazza che non si adatta a questa idea stereotipata di rapporti tra maschio e femmina, a quest'orribile gioco delle parti, era presto bollata come lesbica da qualche feroce amichetta o amichetto di pari età.

L'ideale maschilista è così: esaltando la donna tradizionale, dominabile, materna, debole, sentimentale, si esalta la propria virilità; tutto ciò che non soddisfa questo ideale fa paura – non vorrai mica non essere maschio? – e va respinto con la derisione, lo scherno, fino alla violenza.
Dovrebbe essere questo a fare paura, non la libertà dei figli di essere quello che sono.

Possiamo fare molto per sfuggire a questa insensata paura del diverso: possiamo insegnare ai nostri figli e figlie a non averla, anche se altri pensano che loro non siano "normali". Né fingere che il sesso e il genere, il sessismo e il maschilismo, non siano un problema, né costringerli a essere "come noi" illudendoci che le cose si risolveranno da sole. Allora sì che saremo padri senza paure: avremo aiutato giovani uomini e giovani donne a essere migliori di noi.

Foto di Scaramuzzino da Flickr - licenza CC Creative Commons



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