Ci ricordiamo di noi? Adolescenza e violenza assistita.

di Daniele Guoli

Ci ricordiamo di noi? Adolescenza e violenza assistita.

Terzo articolo di Daniele, psicologo e operatore nel CAM (Centro di Ascolto Uomini Maltrattanti) di Cremona, nuove riflessioni sulla "violenza assistita". Nell'adolescenza ci sono le radici dei nostri comportamenti aggressivi? Rileggere il nostro passato può aiutarci a cambiare le relazioni con la nostra compagna o i nostri figli?

Nella camera su al secondo piano, il ragazzo tendeva le orecchie quando il papà rientrava in casa: dalla pesantezza dei passi, da come la porta si chiudeva, da quanto le chiavi tintinnavano sulla credenza, ormai era capace di prevedere che serata sarebbe stata.  Una tutto sommato tranquilla oppure una di angosce. Era diventato talmente sensibile alle conseguenze di una giornata storta sull'aggressivo nervosismo del padre (urla, tensioni con la moglie, espressioni offensive o minatorie ecc.), che i rumori più tenui diventavano indicativi.  La sua vita, non solo familiare ma anche sociale, dipendeva dalla variabilità di quei comportamenti: in conseguenza di, in attesa di, nella speranza che...

L'adolescenza in generale rimane un tema molto discusso, perché confine importante ma sfumato della vita. Anche sotto la lente della violenza questa fase risulta determinante, a tal punto che mi sento di dire che la violenza può essere letta sotto la lente dell'adolescenza. Soprattutto perché è proprio in quegli anni che si possono sviluppare nel ragazzo forme di aggressività che si manterranno anche in età adulta.

Nell'infanzia il bimbo vive le sue esperienze soprattutto emotivamente, per cui se subisse violenza (non necessariamente fisica, ma anche psicologica e morale) vive il dolore del momento, ma non razionalizza molto. È a partire dai 10-11 anni che succede qualcosa: forse una rilettura, anche attraverso i suoi pari. Si formano le prime difese, come l'offesa o il risentimento costruiti; ma soprattutto vi è una forte presa di posizione: "Io posso essere più forte di te", e di fronte ad ogni azione violenza che un giovanissimo subisce, può esserci una reazione, fisica oppure verbale. Talvolta il ragazzo si chiude completamente, finché i genitori non riescono più a comunicare con lui. Questi comportamenti dell'adolescente sono di fatto comportamenti violenti, ma conseguenti a una minaccia che il ragazzo per troppo tempo ha solo subito, senza interpretarla; sono ritorsioni, e i genitori spesso non se ne accorgono.

La violenza è uno strumento molto funzionale per ottenere ciò che si desidera: per questo il ragazzo può scegliere di utilizzarla di nuovo in varie situazioni, introiettarla e, nel tempo, farla sua.
Pensiamo al gridare, tema già affrontato in precedenza: se vengo da una famiglia abituata a gestire le discussioni urlando, anche io probabilmente imparerò a impormi con la voce grossa per avere ragione, o anche solo attenzione. Questo atteggiamento sarà facilmente ripetuto in futuro anche laddove non sarebbe necessario, magari con una moglie o fidanzata per nulla abituata a gridare. 
In altri casi, l'adolescente arriva a pensare (e questa è una conseguenza tipica della violenza) di apparire uno stupido. "Io non sono stupido, te lo dimostrerò!" è la sfida lanciata a uno o entrambi genitori, i quali rimangono spiazzati anche dalla repentinità con cui i figli mutano atteggiamento.

L'adolescenza ci fa riflettere: ci ricordiamo di noi stessi? Ritornare a quegli anni ci aiuta, qualora fossimo stati soggetti a forme di violenza: possiamo meglio immedesimarci e provare a capire la sofferenza delle persone che oggi ci circondano, se subiscono le nostre aggressioni.
Venivamo sminuiti - "Non ti intromettere, qui siamo tra adulti, vai a giocare"? O svalorizzati - qualcosa di molto importante per noi, era giudicato insignificante dagli altri? Quando queste percezioni diventavano una costante, ci ritrovavamo arrabbiati, risentiti o chiusi con i genitori, inibiti nell'esprimere noi stessi o le nostre idee. Anche da adulti, continuiamo a soffrirne le conseguenze. 

Proviamo a chiederci, guardando negli occhi i nostri figli o la nostra compagna: magari mi hanno pure attaccato, ma quanti timori ho loro creato, con le mie parole? Quanto dolore ancora possono causare la mia superficialità, o disattenzione? 
Dico sempre che la casa dei nostri genitori è la palestra più difficile, per provare a non cadere in discussioni. Chiediamoci perché: la risposta probabilmente è nella nostra adolescenza. Rileggere la nostra vita è un esercizio utile. Perché se è vero che il passato è passato, è altrettanto sicuro che ora possiamo fare qualcosa. E cambiare il nostro futuro. Siete d'accordo anche voi? 

Foto di Daniele Testa da Flickr - CC Creative Commons



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