Francesco: La violenza è qualcosa legata al maschio più che alla donna non per ragioni naturali/biologiche ma per ragioni antropologiche, storiche e culturali. Fa parte di un percorso millenario che è anche un percorso di potere dell'uomo sulla donna. Di conseguenza, la violenza sulle donne è principalmente un problema dei maschi, di cui ci dobbiamo assumere la responsabilità.
Claudio: Il "problema" della violenza sulle donne non è degli uomini, è di tutti. Facendo un ragionamento molto cinico, nel momento in cui i costi della sanità sulla violenza contro le donne ammontano a 2,4 miliardi di euro l'anno, è un problema che ci tocca a tutti. Quella che è degli uomini è la "responsabilità". La responsabilità è sempre di chi agisce con la violenza, quindi la responsabilità della violenza degli uomini nei confronti delle donne è degli uomini.
Francesco: Per me la violenza fisica è qualitativamente diversa, più grave, e più specificamente maschile. Perché mentre sulle altre forme di violenza la donna oggi potrebbe esercitare una parità (anche la donna può essere violenta psicologicamente, può imporre la propria volontà in certi modi), per ragioni strutturali se una donna tenta di esercitare violenza fisica sul maschio è difficile che ci riesca.
Lorenzo: Questo è un discorso ricorrente tra gli uomini, su cui ho una cosa da dire. Una mia amica fa arti marziali da una vita: meno di 50 kg per poco più di un metro e sessanta, ma fa cose da film, tipo spaccare una fila di mattoni con una mano
E lei mi dice: "Il problema non è la forza fisica, il problema è che ti insegnano a non avere quella tra le possibilità della tua azione". Come se non fosse nelle loro caratteristiche "naturali". È un'altra cosa che mi fa pensare che non esista una natura maschile o femminile, ma che sia una costruzione, una maschera ben avvalorata da un certo potere che spiega che uomini e donne devono avere certe caratteristiche che si devono comportare socialmente in un certo modo.
Arnaldo: Se le due alternative sono "Io non c'entro nulla" e "È un problema generale maschile" io non mi ritrovo in nessuno dei due casi. La violenza di genere fa parte della violenza generale della società che è agita in gran parte dagli uomini. Questo non vuol dire che io sia per una "natura maschile" violenta, ma credo che chi non picchia la propria compagna non abbia questi comportamenti in generale perché non ha la violenza come cultura di base. La mia proposta operativa è che si riesca meglio a discernere fra diversi profili maschili, anche scientificamente, per prevenire anche la violenza di genere. Ma capisco che questa sia una premessa discordante dalla vostra.
Claudio: Sull'idea che gli uomini che hanno comportamenti violenti in casa sono gli stessi che potrebbero averli fuori: per la mia esperienza ho conosciuto più uomini che non avrebbero mai messo le mani addosso al collega, che non sono mai scesi a fare una rissa in strada, ma poi arrivano a casa e massacrano la moglie di botte, perché lì si può, fuori no. E se sei violento solo in casa, non c'entra la natura. Stai facendo delle scelte e te ne devi prendere le responsabilità.
Sandro: Ho difficoltà a costruire un identikit dell'uomo che agisce con violenza, perché se vogliamo rimanere in quello che ci dicono i dati dei centri antiviolenza, le ricerche e le indagini che hanno fatto, si parla di un fenomeno trasversale che fa riferimento a tutte le classi sociali, non solo nei paesi mediterranei ma anche nel Nord Europa, a persone con un buon capitale culturale, ad appartenenti a classi povere come a persone con una vita sociale molto attiva.
Redazione: Ma soprattutto se consideriamo anche la violenza non solo fisica, il campo si allarga parecchio e crediamo sia più difficile ricondurre questi comportamenti ai classici profili "antisociali".
Sandro: La domanda sulla natura la rigetterei al mittente. Io nasco maschio (per i cromosomi, per il corpo) ma dopo di che penso che si diventa maschi. Il maschile è una costruzione che avviene attraverso diversi processi educativi, fin dall'infanzia, crescendo e confrontandoti non solo con i genitori, ma con gli insegnanti, gli educatori, la parrocchia, lo sport ecc. che ti indicano come essere, in un modo più che in un altro. In questa costruzione c'è anche la legittimazione della violenza, che fa parte di ciò che viene considerato maschile nella nostra educazione, nella nostra cultura.
Lorenzo: Sì, la violenza sulle donne è un problema degli uomini. Perché perché se c'è uno che ha deciso di ammazzare una donna in quanto donna, ce ne sono mille che per lo stesso motivo picchiano, per ognuno di quei mille ce ne sono centomila che minacciano e così via, e per me tutto questo rientra nello stesso tipo di problema. Il femminicidio è la punta dell'iceberg, che si vede e di cui si parla, ma però il poblema è tutto quello che sta sotto.
Francesco: La mia strada personalissima è quella di far sentire in minoranza, una minoranza anche vergognosa, chi commette certe azioni. Anche perché gli uomini che usano violenza, soprattutto violenza fisica e non solo sulle donne, sono una ristrettissima minoranza, io credo.
Lorenzo: Anch'io credo che non esista una natura maschile, per me quella che attualmente viene nominata così è una "maschera di potere", cioè un ruolo che è stato descritto, costruito per poter esercitare un certo tipo di potere.
Claudio: Sul discorso della natura violenta maschile anche qui ho delle grosse perplessità. Sì, produciamo testosterone, ma dato che è passato qualche anno quando ci serviva per massacrare il mammut per portare a casa la cena, quell'ormone ce lo teniamo sotto controllo senza problemi. Quindi se c'è una natura non giustifica l'espressione della violenza.
Ludovico: Che la violenza sulle donne sia un problema degli uomini è vero, rigetto invece la domanda sull'esistenza di una natura. Mi voglio soffermare su da cosa nasce, a mio giudizio, la violenza sulle donne. Per me ci sono due ragioni: esiste una ragione culturale, perché è vero che c'è una responsabilità diffusa ma è anche vero che ci sono dei posti (e io vengo dal Sud) dove c'è una certa idea della donna e dell'uomo che viene insegnata ai bambini. Quindi è chiaro che se io mangio "pane e mamma casalinga - babbo con scritto il nome sulla porta", questo produce una certa idea di uomo e di donna. Quindi a mio giudizio i ragazzi che alzano le mani agiscono spesso perché hanno un genitore che alza le mani, vivono in un contesto culturale in cui si ritiene legittimo usare la violenza.
L'altro motivo è di tipo educativo, psicologico: i ragazzi che spesso alzano le mani sono ragazzi fragili ecc. Un ottimo esempio viene dallo sport. Io cerco di sottolineare negli incontri l'importanza dell'educazione degli allenatori, dei preparatori tecnici, della responsabilità che loro hanno nei confronti dei ragazzi e dei bambini. Che lavorano con i bambini di 6 anni ma non sanno quello che pensano, come ragionano, quali emozioni hanno.
Io tendo a fare un esempio. Una delle cose più importanti che lo sport ti può insegnare è imparare a perdere, cosa che nel calcio non si accetta. Molti genitori non accettano che il figlio perda, molti ragazzi non accettano la sconfitta. Se quegli allenatori insegnassero come accettare la sconfitta a quei ragazzi, preparerebbero gli uomini del futuro ad accettare le sconfitte che capitano nella vita. Ma se qualcuno mi ha insegnato che io devo vincere, che se perdo sono uno sfigato, la sconfitta non l'accetto. Quando la ragazza mi dice di no io alzo le mani, perché lo percepisco come un rifiuto e io non posso perdere.