La frustrazione dietro il gamepad.

di Alessandro Lolli

La frustrazione dietro il gamepad.

Se pensate all'aggressività  tra i teenager vi viene in mente l'immagine di un bullo arrogante e vincente? Per voi la sensibilità  è il segno distintivo di introversi adolescenti occhialuti? La realtà   non è proprio così. Neanche la realtà virtuale dei videogame e dei loro appassionati. A leggere alcune cronache recenti, la "rivincita dei nerd" sembra essere diventato un film dell'orrore.

Lo scorso primo ottobre Christopher Harper-Mercer, ventiseienne dell'Oregon, ha sparato a diciotto studenti dell'Umpqua Community College, uccidendone la metà. Nel Maggio del 2014, il ventiduenne Elliot Rodger ha messo in atto la medesima idea in un college californiano, uccidendo sei persone e ferendone quattordici. Entrambi si sono poi suicidati, lasciando ai posteri un manifesto con le loro ragioni. 

Lo scrittore scozzese Andrew o' Hargan ha analizzato questi ed altri casi recenti di giovani uomini che compiono stragi di coetanei rilevando dei tratti in comune tra le loro motivazioni. Da Columbine a Harper-Mercer, passando per Kimveer Singh Gill che voleva una "rivoluzione nerd", agivano tutti per vendetta. Una vendetta contro i "jock" e i "preppie", i vincenti, quelli che in Italia chiameremmo coatti o fighetti: ragazzi popolari, atletici e superficiali, spesso benestanti e aggressivamente competitivi. 

Dall'altro lato ci sono i "nerd", i "loser", i perdenti che, apparentemente, abbracciano un set di valori opposto a quello dei tanto disprezzati coatti: alla forza fisica oppongono l'intelligenza, alle apparenze rispondono con l'interiorità  e si dedicano con passione ai loro interessi fuori moda, incuranti del giudizio altrui. Ma ad un esame un poco più approfondito, le cose non stanno così. 

Come sottolinea o'Hargan, c'è un sentimento bruciante che serpeggia tra questi ragazzi ed è la convinzione di essere degli "uomini beta". Sono loro i primi a percepirsi come gli sconfitti in una gara di virilità  che li lascia fuori dal podio, inadatti a vivere una vita giusta e felice, quella concessa ai "maschi alfa". I loro valori d'elezione sono, in realtà , una scelta di ripiego: l'intelligenza, l'interiorità , i videogiochi e Game of Thrones costituiscono il ghetto consolatorio che dei falliti come loro sono costretti ad abitare. 

Questo appare ancora più chiaro quando si rivolgono all'altra metà  del cielo, quando parlano delle ragazze. Già , perché ben poche ragazze sono accettate nel "boys club" dei perdenti e non c'e da stupirsi sentendo l'idea che ne hanno molti nerd. La blogger Anita Sarkesiaan, ideatrice di Feminist Frequency, fortunata serie di video sui luoghi comuni sessisti nella cultura pop, ha ricevuto migliaia di minacce quando ha osato criticare la rappresentazione delle donne nei videogiochi; è stato uno degli episodi di quella stratificatissima controversia sul sessismo nella sottocultura videoludica che ha preso il nome di GamerGate. Col tempo, si sono sollevate voci critiche anche all'interno del mondo nerd riguardo il sessismo strutturale di certe rappresentazioni diffuse, come questo intelligente articolo di Arthur Chu.

Esce fuori che l'idea che i "perdenti" hanno delle donne non è molto diversa da quella degli odiati vincenti: a volte oggetti sessuali, a volte esseri angelicati, quasi sempre stronze insensibili. La frustrazione e il totale distacco dal mondo femminile li rende, se possibile, ancora più cattivi (lo dimostra questo bel cosplay travestito da scatola di "croccantini per cagne" al Lucca Comics & Games di quest'anno). Il concetto di "friend zone", per esempio, è una delle cose più tossiche che struttura il rapporto con l'altro sesso dei ragazzi meno fortunati: parte dal presupposto che se sei abbastanza carino e servizievole con l'amica per cui hai una cotta, questa debba a un certo punto, per sfinimento o per contratto implicito, fare sesso con te. Un dispositivo che distorce e umilia in un colpo solo sia l'amicizia, sia la genuina attrazione sessuale. 

Lo scacco principale che paralizza gli adolescenti "beta" sta nell'impossibilità  di immaginarsi una socialità  veramente alternativa, una visione del mondo altra che non sia lo scantinato della cultura dominante, riempito dalle medesime rappresentazioni, per giunta andate a male. Ma da questo a presentarsi a scuola con un mitra, ce ne passa, direte voi.

Certo, sono casi estremi, ma è importante non slegarli dal contesto come il "raptus isolato di un folle". Basta confrontare gli sfoghi che si leggono in tanti forum, anche italiani, con i manifesti dei giovani stragisti per trovarci un'inquietante convergenza di vedute e di vissuti. Se in Italia non è mai successo niente del genere, forse è solo perché non si trovano i fucili al supermercato: la segregazione che vivono tanti teenager nostrani non ha nulla da invidiare a quella più iconica dei campus americani, coi quarterback e le cheerleader. Quanto dobbiamo prendere sul serio Caparezza quando, dando voce alla parte intollerante di un nerd, ci avverte che  "Io sono molto calmo ma nella mente ho un virus latente incline ad azioni violente?".

Alessandro Lolli, nasce (nel 1989), vive e studia (Filosofia) a Roma. Aderisce a NoiNo.org e, invece di pensare a laurearsi, ha scritto o scrive per metà  dei web magazine italiani di politica, letteratura e questioni di genere, facendo finta di scrivere di fumetti, musica, cinema e serie tv. Lavora in un centro scommesse e tifa per la Lazio, ma le due cose non sono collegate.



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